On. Cinzia Fontana: intervento su dimissioni in bianco

Riportiamo sotto l’intervento fatto dall’On. Cinzia Fontana il 7 marzo 2014 in Aula sulla proposta di legge contro le dimissioni in bianco.

CINZIA MARIA FONTANA. Signor Presidente, signore rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, la relatrice, onorevole Maestri, ha non solo ampiamente illustrato i contenuti del provvedimento oggi in esame, ma anche dei percorsi e passaggi che, sul tema delle dimissioni in bianco, hanno interessato i lavori parlamentari della XV, XVI e XVII legislatura.

Ero qui alla Camera nel 2007, quando approvammo, praticamente all’unanimità (430 voti favorevoli su 433 votanti), la legge n. 188. C’era, in quella discussione, un filo conduttore che attraversò gli interventi di tutti i gruppi e cioè che con quel provvedimento si metteva un altro tassello per garantire l’esercizio concreto dell’articolo 35 della Costituzione, in base al quale la Repubblica deve tutelare il lavoro, che invece, con la vergognosa pratica delle dimissioni in bianco, subiva un’inaccettabile, insopportabile e palese violazione.

Il regolamento applicativo fu approvato nel gennaio 2008, a Camere sciolte, e la legge non poté perciò esplicare i suoi effetti, visto che, pochi mesi dopo, con l’insediamento del Governo Berlusconi, venne immediatamente abrogata. Forte fu, negli anni successivi, la sollecitazione che veniva dal Paese a dare un segnale di civiltà per contrastare una pratica odiosa come quella delle dimissioni in bianco.

Nel 2012 abbiamo reintrodotto, all’interno della legge Fornero sul mercato del lavoro, una serie di disposizioni che puntavano all’inasprimento e all’allargamento dei controlli, con un meccanismo a valle di condanna amministrativa, con un doppio percorso, uno alternativo all’altro. Questo meccanismo risulta però essere farraginoso, insufficiente ed aggirabile.

Da queste considerazioni, quindi, la proposta del testo unificato oggi in aula, testo unificato di due proposte di legge, una del gruppo di SEL ed una del nostro gruppo, PD, a prima firma della collega Bellanova, oggi sottosegretario proprio al Ministero del lavoro.

Il testo unificato si pone l’obiettivo di prevenire a monte l’abuso della firma in bianco. Vorrei sgombrare subito il campo da alcuni equivoci, che rischiano di farci fare una discussione sbagliata e distorta e che rischiano di creare incomprensioni fra di noi su un tema su cui il consenso dovrebbe essere invece il più alto possibile.

Primo equivoco: la norma sarebbe vessatoria nei confronti dei datori di lavoro, perché complicherebbe la vita delle imprese.

Voglio qui contestare fermamente questa tesi, che non incarna, anzi distorce lo spirito reale del provvedimento. In primo luogo, per una ragione di fondo: perché considero oggi veramente fuori luogo e fuori tempo che una norma di buonsenso, di tutela e di giustizia verso chi è più debole venga vissuta come contrapposizione all’impresa. In secondo luogo, perché anche questo è un servizio alle imprese sane, che sono tante e che, applicando correttamente le leggi e i contratti, subiscono la concorrenza sleale di coloro che abbattono i costi, evadendo obblighi e responsabilità sociali. Insomma, uno strumento di giustizia per i lavoratori e per le stesse imprese.

Secondo equivoco: la norma introdurrebbe rigidità ed ulteriore burocrazia.

Al contrario, io qui voglio evidenziare che la proposta, nel prevedere l’utilizzo di semplici moduli numerati, facilmente scaricabili da Internet da parte del lavoratore per evitare inutili procedure burocratiche, va proprio nella direzione della semplificazione e del superamento di un meccanismo tortuoso e poco chiaro come è quello oggi in vigore. È semmai nel decreto attuativo, che il Ministero deve disporre, che chiediamo di prestare particolare attenzione alla procedura affinché abbia proprio l’obiettivo vero di una semplificazione.

Terzo equivoco: la norma avrebbe un sapore squisitamente ideologico.

Voglio sottolineare che le dimissioni in bianco sono, prima di tutto, una pratica illegale, che va contrastata come tale attraverso norme che ne evitino l’abuso. Una pratica illegale tanto più ignobile in quanto colpisce lavoratrici e lavoratori attraverso un abuso di potere e una lesione della loro dignità. Tra questi, poi, colpisce in misura maggiore le donne e, in particolare, le donne che scelgono la maternità. Dovremmo quindi considerare ideologia difendere il valore sociale della maternità e il valore sociale del lavoro delle donne?

Per noi questo provvedimento va considerato, molto semplicemente, come un’ulteriore politica pubblica che promuove la buona e giusta occupazione, che affronta un tema di civiltà e lo affronta con un approccio preventivo e non punitivo né repressivo.

Auspico veramente che nel prosieguo dei lavori si trovi la convergenza più ampia di tutti i gruppi parlamentari per arrivare all’approvazione di una norma di civiltà, una norma che può solo tenerci in sintonia con le esigenze profonde di dignità del mondo del lavoro.

Concludo sottolineando che considero un bel segnale, un segnale positivo, che questa Camera abbia deciso di aprire la discussione sulle linee generali alla vigilia della giornata dell’ 8 marzo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).


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